Perché proprio il pangolino?

800px-tree_pangolin

Pangolino tricuspide (Valerius Tygart – Wikimedia Commons)

All’ordine dei mammiferi Folidoti appartengono esclusivamente le otto specie conosciute di pangolino. Per chi non li conoscesse, questi simpatici animaletti sono specializzati nella cattura di insetti e larve di vario genere, con una particolare predilezione per termiti e formiche. Le tante scaglie di cheratina, che in certi esemplari possono essere mille o anche di più, coprono la quasi totalità del corpo degli animali e donano loro un aspetto corazzato che li rende facilmente riconoscibili. A seconda della specie, i pangolini possono misurare da poche decine di centimetri fino ad arrivare al metro di lunghezza.

I pangolini, se escludiamo le loro piccole prede, sono animali sostanzialmente innocui. Sono per lo più notturni e per questo motivo quasi del tutto ciechi. Per difendersi da pericoli esterni non usano artigli o denti (che non hanno), ma si appallottolano un po’ come fanno i ricci, sfruttando così la loro protezione esterna. Grazie a un notevole esempio di convergenza evolutiva, dispongono di lunghi artigli per attaccare i termitai e una lunga lingua appiccicosa che serve a catturare gli insetti che li fa in questi aspetti assomigliare ai formichieri americani.

Le varie specie si possono trovare in buona parte del continente africano (dalle nazioni subsahariane fin giù al Sudafrica) e in Asia, in particolare in India, Cina e Indonesia. Sono inoltre difficilissimi da allevare: in cattività il loro tasso di mortalità è altissimo.

E fin qui, nulla di nuovo per chi è appassionato di natura e di animali esotici un po’ particolari. Il pangolino è sostanzialmente una creatura timida, insolita, bella. La novità del 2016 è che il pangolino è stato dichiarato ufficialmente “L’animale più trafficato al mondo“. La sua carne è ritenuta particolarmente prelibata e viene mangiata sia in Africa sia nel Sudest asiatico, le scaglie di cheratina vengono utilizzate per la creazione di gioielli e decorazioni di vario genere. Le scaglie sono inoltre sfruttate dalla famigerata medicina tradizionale cinese, che, quando si tratta di contribuire alla scomparsa di animali già in grave declino, non riesce proprio a mancare all’appello.

March of the Pangolins from WildAid on Vimeo.

Ma è soprattutto nel Sudest asiatico che il pangolino viene considerato una specie di status symbol. In Vietnam un chilogrammo di carne di pangolino può arrivare a costare 200 dollari sul mercato nero. Le quattro specie asiatiche sono quelle più a rischio di estinzione ma, data la grande richiesta, ora anche in Africa il bracconaggio sta crescendo in maniera esponenziale. E, conseguentemente, il traffico illecito che porta carne e scaglie di pangolino dal continente nero al Sudest asiatico è in costante aumento. Alcuni mesi fa sono state sequestrate 1,4 tonnellate di scaglie di pangolino, provenienti dalla Sierra Leone, nel porto vietnamita di Haiphong. Si è stimato che fossero state prelevate da circa diecimila animali. In un’altra occasione, ancora nel 2016, al porto di Hong Kong sono state sequestrate circa 4,4 tonnellate di scaglie: le casse riportavano l’indicazione “scaglie di plastica”. In un’altra occasione, sempre nel corso del 2016 e sempre a Hong Kong, le scaglie confiscate erano quasi 10 tonnellate ed erano dirette alle Filippine. Ad agosto, in un ristorante sull’isola di Giava, le autorità hanno confiscato 650 corpi di pangolino, conservati nel freezer di un ristorante.

Nonostante il lavoro incessante di tutela portato avanti sul territorio (decine di bracconieri vengono arrestati ogni anno, soprattutto in Africa), gli altissimi prezzi del mercato asiatico sembrano rendere il traffico illegale degli animali sempre più intenso e sempre più difficile da contrastare. Secondo la IUCN, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, oltre un milione di persone ha acquistato pangolini negli ultimi dieci anni. E non solo come cibo o come fonte di scaglie: si sta diffondendo sempre di più la moda di tenere i pangolini in casa come animali domestici, cosa che, come abbiamo visto, è del tutto incompatibile con la loro natura e che causa lA loro morte nella stragrande maggioranza dei casi.

E così nel settembre scorso, al meeting di Johannesburg, i rappresentanti del CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione) hanno votato all’unanimità un bando totale sul commercio internazionale dei pangolini. Gli animali sono stati inseriti nell’Appendice 1 della convenzione, che garantisce loro la massima protezione possibile. Le otto specie sono oggi tutte classificate tra “vulnerabile” e “a rischio di estinzione” nella Lista rossa dell’IUCN. Ulteriori informazioni sull’attuale status dei pangolini si possono trovare in un lungo articolo in italiano sul sito naturalistico Mongabay.

Personalmente mi ritengo piuttosto scettico su quanto questo tipo di tutela possa influire su un mercato nero immenso, che coinvolge decine di nazioni su due continenti (e non solo: pare che anche in Europa e in America si stia diffondendo un certo interesse per l’animaletto corazzato). Tra l’altro, il commercio di pangolini genera un giro di affari nell’ordine di decine di milioni di euro ogni anno (e forse anche di più): difficile contrastare un mercato di tale portata. Ciononostante, la dichiarazione del Cites ha dato una tenue speranza in più al nostro timido raccoglitore di termiti. Speriamo bene.

Nel frattempo, pur cercando di conservare una visione il più possibile ottimistica sul futuro del nostro pianeta, non posso esimermi dal ricordare che ogni anno decine, forse centinaia o migliaia di specie scompaiono dalla faccia della Terra. Ecco un breve riassunto di alcune specie a cui abbiamo definitivamente dato l’addio nel 2016. Sperando che l’anno a venire non sia ancora peggiore.