Lingering snow on the broken bridge

Si narra che Bai Suzhen, la bellissima ragazza Serpente Bianco, dopo anni di studio delle pratiche religiose e dei segreti della magia, scoprì e fece suo il segreto della vita eterna. Al suo fianco c’era sempre la sorella Xiao Qing, il Serpente Nero, che condivideva con lei la vita insieme agli altri immortali.

Durante il raduno di tutte le anime eterne Bai Suzhen si rese però conto di non desiderare più l’immortalità e una vita distaccata dalle passioni del mondo reale, e si diresse verso il bellissimo Lago Occidentale, a Hangzhou, per provare ancora una volta le sensazioni del mondo dei mortali.

In prossimità del Duan Qiao, il caratteristico ponte rotto, il Serpente Bianco sotto sembianze umane incontrò il giovane Xu Xian, un ragazzo affascinante di cui si innamorò all’istante.

Per riuscire a parlargli finse di cadere sulle rocce rese scivolose dalla pioggia. Xu Xian le corse incontro per soccorrerla, e dopo averla aiutata a rialzarsi le prestò il suo ombrello, affinché potesse ripararsi per tornare a casa.

La scusa per poter riincontrare Xu Xian era perfetta, e Bai Suzhen, esortata anche dalla sorella che cercava in ogni modo di aiutarla nella sua storia d’amore, si recò il giorno successivo presso la dimora del giovane per  restituirgli l’ombrello.

Grazie anche alla mediazione del Serpente Nero, Xu Xian e Bai Suzhen si fidanzarono, e dopo breve tempo si sposarono. Il giovane però ancora ignorava la reale natura della ragazza Serpente Bianco. Ciononostante, l’amore e l’armonia regnavano nella coppia, e ben presto i due aprirono una farmacia a Zhen Jiang, dove Bai Suzhen, grazie anche alle sue notevoli conoscenze di erboristeria e magia, guarì tutti i malati che si recarono da loro. In breve tempo divennero conosciuti e rispettati come grandi medici in tutto il paese.

Ad un certo punto però entrò in scena Fa Hai, colui che per anni era stato un bonzo buddista, ma che in un determinato momento della sua vita  aveva rinunciato agli studi religiosi per combattere le sue personali battaglie fatte di odio e intransigenza; una di queste era proprio contro gli spiriti immortali in terra, e, conoscendo la reale natura della ragazza Serpente Bianco, convocò suo marito Xu Xian per rivelargli la verità. Lui però era profondamente innamorato di Bai Shuzen e lo scacciò senza credergli.

Fa Hai però sapeva già come si sarebbe rivelata la vera natura della Ragazza Serpente: durante la festa tradizionale della Barca del Dragone si beve un particolare liquore come prevenzione da futuri malanni. Questa bevanda però contiene al suo interno un ingrediente che avrebbe riportato temporaneamente Bai Lhuzen al suo aspetto originale. Così difatti accadde, e quando Xu Xian  vide sua moglie nel letto a cortine trasformarsi in serpente svenne per l’orrore. 

Lo sconforto fu talmente grande che Xu Xian fu in pericolo di vita, ma Bai Suzhen, che si era ubriacata e aveva perso i sensi, dopo essersi ripresa si rese conto della situazione e si recò di nascosto sulle montagne dell’isola sacra Peng Lai, per rubare agli Dei l’unica pianta che potesse curare suo marito. Dopo essere riuscita nell’impresa e aver salvato Xu Xian dalla morte, Bai Suzhen dovette però vedersela di nuovo con Fa Hai, che prese con sè Xu Xian e lo rinchiuse nel tempio di Jin Shian, sulle montagne che circondano il Lago Occidentale.

Dopo tre giorni il Serpente Bianco e il Serpente Nero andarono a cercare Xu Xian, ma furono respinte. Bai Suzhen convocò allora tutti gli animali del lago per combattere al loro fianco contro il bonzo: le acque ribollirono, e le montagne vennero travolte da una violenta inondazione. Ma Fa Hai aveva dalla sua parte gli Dei e alla fine Bai Suzhen venne sconfitta e fuggì verso Hangzhou.

Xu Xian era però ancora innamorato di Bai Suzhen e riuscì a fuggire dalle montagne durante l’inondazione, alla ricerca di sua moglie.

Fa Hai vide che Xu Xian non poteva rinunciare al suo amore, e in un momento di umanità evocò un vento magico che lo trasportò verso la città, dove gli sarebbe stato concesso di restare per un mese a fianco di Bai Suzhen, in attesa che desse alla luce il loro primogenito.  La famiglia si riunì laddove tutto era iniziato,  in prossimità del Ponte Rotto.

Dopo la nascita del figlio, Fa Hai inviò una divinità sua complice che imprigionò Bai Suzhen coprendola con una scodella d’oro sulla cima della Pagoda di Lei Feng, dalla quale avrebbe potuto essere liberata solo quando le acque del lago si fossero disseccate e le pareti della stessa pagoda sbriciolate.

Passarono anni, e Bai Suzhen sembrava destinata a restare per sempre separata da suo marito e da suo figlio. La ragazza Serpente Nero Xiao Qing però non si diede per vinta, e decise di liberare la sorella. Si immerse nuovamente negli studi magici e dopo alcuni anni ritornò a capo di una grande armata di spiriti provenienti dalle grotte, che circondarono e distrussero definitivamente la pagoda liberando Bai Suzhen, che rinunciò alla sua immortalità e potè finalmente e definitivamente riabbracciare la sua famiglia.


Dragons & Dinosaurs

La nostra avventura in giro per la Terra di Mezzo prosegue, e dopo più di un mese eccoci ritornare nell’affascinante Hangzhou, capitale dello Zhejiang ma soprattutto una delle più belle ed interessanti città di tutta la Cina.

Un detto popolare cinese recita: ‘Nasci a Suzhou, vivi a Hangzhou, mangia a Guangzhou, muori a Liuzhou’, ad indicare le città più belle e vivibili dell’Impero Celeste. Un altro celebre proverbio, riportato per la prima volta in Occidente dal missionario Matteo Ricci, invece afferma che ‘in alto c’è il Paradiso, in basso Hangzhou e Suzhou’. Marco Polo addirittura la definì  ‘senza alcun dubbio la città più bella e nobile al mondo‘.

Sebbene i primi siano detti popolari e quindi pieni di amor patrio, mentre chi ha letto il Milione sa bene che il viaggiatore veneziano non fosse certo parsimonioso in fatto di superlativi, è comunque chiaro che si tratti di una città di assoluto valore culturale e storico.

 

Del Lago Occidentale e dei suoi meravigliosi paesaggi notturni vi ho già accennato in precedenza, mentre non ho ancora citato una delle assolute meraviglie che adornano la città, ovvero il Grande Canale  che parte da Hangzhou e incredibilmente arriva a spingersi fino a Pechino, ed è quindi il più lungo fiume artificiale al mondo, con i suoi quasi 1800 Km di lunghezza.

Ancora più spettacolare della lunghezza è la sua storia: i primi tratti del canale vennero realizzati addirittura nel V Secolo a.C., mentre gli ultimi chilometri che arrivano fino ad Hangzhou sono attribuiti alla Dinastia Sui, quindi risalgono VII Secolo d.C., il che vuol dire che per il completamento di quest’opera monumentale occorsero più di mille anni e la forza lavoro di milioni di uomini provenienti da più generazioni di Cinesi.

 

All’opera vennero in seguito apportate grandi modifiche, come chiuse per permettere la risalita di dislivelli anche di decine di metri, e un fitto sistema di canali di comunicazione che sostanzialmente ha costituito per secoli un’antica autostrada sull’acqua. Il canale ebbe anche una forte importanza strategica sia per il trasporto di materiali militari e truppe sia per bloccare eventuali avanzate nemiche, talvolta passivamente, a causa un guado difficoltoso, ma spesso anche attivamente: la rottura volontaria di alcuni argini poteva causare inondazioni in grado di annientare gli eserciti nemici. A tutt’oggi il canale è trafficatissimo ed è attraversato da lunghe chiatte e navi commerciali e da trasporto che solcano le sue acque di giorno e di notte.

Ebbene sì, in Cina tutto è grande, enorme, monumentale. Non fa certo eccezione lo Zhejiang Science and Technology Museum, gigantesca opera di divulgazione scientifica inaugurata nel 2009, che offre ai visitatori uno spettacolo unico nel campo della conoscenza, dell’interattività, del gioco e dell’approfondimento.

Dall’esplorazione dello spazio e dalle nuove frontiere della tecnologia e dell’ingegneria si passa alle curiosità della medicina tradizionale cinese, per poi arrivare all’approfondimento delle tematiche ambientali e dello sviluppo sostenibile, il tutto orientato (così come per il padiglione cinese dell’Expo) al sensibilizzare i visitatori sullo sviluppo di città a impatto zero in armonia con la natura.

Ho notato con grande piacere che ci sono ampie aree del museo dedicate al gioco e ai bambini, ma anche per gli adulti sono numerose le esperienze interattive e hands on, seguendo il nuovo corso della divulgazione scientifica internazionale.

 

Il visitatore può, nel giro di pochi metri, viaggiare dentro un sottomarino o testare gli effetti dell’assenza di gravità, guidare una navicella spaziale, suonare strumenti musicali con corde invisibili, dirigere un’orchestra composta da robot musicisti, capire i segreti di una centrale elettrica e vivere mille altre esperienze. A fianco, a completare l’opera del Science Center, c’è un museo di Storia Naturale dedicato principalmente alle tematiche di conservazione della biodiversità, con una articolare attenzione dedicata alle meraviglie naturali della Cina.

 

Tra le principali attrazioni dello Zhejiang ci sono i dinosauri, scoperti di recente in gran numero e varietà, e proprio per questo motivo un’ampia area del museo è dedicata ai giganteschi rettili estinti della zona. Così come per l’Argentina, gli Stati Uniti e qua e là in giro per il mondo, anche in Cina sta nascendo la moda dei ‘Dino Parks‘ creati nelle zone di ritrovamento dei resti dei dinosauri, per vedere i fossili direttamente nelle aree di ritrovamento. L’area del museo dedicata ai dinosauri contiene pertanto svariati inviti più o meno espliciti alla visita di tali aree, sparse qua e là nella Cina orientale, in particolare nelle regioni dello Jiangsu e, ovviamente, nello Zhejiang.

  

In un ambiente del genere è chiaro che una mostra come Agorà, dedicata alla sperimentazione e al riprodurre di persona i grandi esperimenti scientifici dell’Antichità, si trova perfettamente a proprio agio ed è pronta a testare la curiosità degli abitanti di Hangzhou su queste tematiche.

L’allestimento degli exhibits è ormai concluso e uno staff di animatori nuovi di zecca attende solamente la data di apertura del 26 giugno, ovvero nientemeno che il primo giorno di vacanza degli studenti cinesi!

Riusciranno i nostri eroi a sopravvivere all’ondata di piena? Non ai posteri, ma ai giorni a seguire l’ardua sentenza!

          

Zaijian,

fonso

Taicang: il granaio della Cina

La mostra Agorà continua il suo lungo tour cinese e in questi giorni fa tappa a Taicang, città costiera nella regione dello Jiangsu.

Nonostante una popolazione di ‘solo’ mezzo milione di abitanti, Taicang può vantare un’economia in forte espansione che le ha portato negli ultimi anni grattacieli, centri commerciali e superstrade a sei corsie. Si tratta di una città industriale con pochi richiami turistici, eccezion fatta per alcuni ponti di oltre quattro secoli fa (la città è attraversata da numerosi canali) e alcuni scorci caratteristici nelle numerose aree verdi che si possono trovare al suo interno.

 

La città ha comunque molti aspetti interessanti legati alla sua storia millenaria: durante il periodo dei Tre Regni (220-280 d.C.) il Regno di Wu iniziò ad edificare nell’area imponenti granai per il riso e il frumento raccolto nelle zone limitrofe. Queste costruzioni diedero il nome alla città: Taicang difatti significa ‘grande granaio’.

Da qui in poi la città ebbe un’importanza strategica sempre maggiore anche per motivi geografici: è difatti situata all’interno dell’estuario dello Yangtze, ed è quindi un porto naturale, protetto dalle mareggiate peggiori e sufficientemente al riparo dalle piene del fiume. Nel corso dei secoli Taicang divenne uno snodo fondamentale per le principali tratte commerciali via mare della Cina, al punto da essere definita nel corso della dinastia Yuan (1271 – 1368 d.C.) come ‘il porto più importante del mondo’, o anche come ‘La città d’oro’.

 

Centinaia di navi da carico (in particolare le caratteristiche giunche) potevano risalire il corso dello Yangze fin dove era navigabile, anche per chilometri nell’entroterra trasportando merci provenienti da nazioni talvolta molto lontane: i contatti con l’Occidente erano sporadici e molto difficoltosi via terra (la Via della Seta e i pochi percorsi alternativi erano lunghi e pieni di pericoli) e i commerci via mare assumevano un peso sempre maggiore nell’economia dell’Impero Celeste.

Taicang fu anche il porto da cui partirono le spedizioni di Zheng He, nome che forse a noi non dirà nulla, ma che è l’equivalente cinese dei grandi esploratori occidentali come Colombo, Magellano o Cook. Questo navigatore, famosissimo in patria, raggiunse le coste di Indonesia, India, Arabia Saudita e Africa guidando centinaia di imbarcazioni e migliaia di uomini in diverse spedizioni. Secondo alcuni storici non è da escludere che durante il sesto dei suoi sette grandi viaggi Zheng He abbia scoperto e visitato l’Australia, la Nuova Zelanda, l’America (circa 70 anni prima di Colombo, tra il 1421 e il 1423), la Groenlandia e il passaggio a Nord-Est. Il timore da parte dei Mandarini di dover affrontare enormi spese per finanziare viaggi sempre più lunghi avrebbe fatto censurare buona parte dei risultati raggiunti dall’esploratore, facendo tenere nascoste queste clamorose scoperte. Teorie scarsamente documentate ma che assumono comunque un grande fascino soprattutto per noi occidentali, data la nostra scarsa conoscenza della storia cinese e dei viaggi di questo esploratore.

A raccontare la grande storia di questa città c’è un museo di dimensioni imponenti

in cui si celebrano le gesta dei grandi personaggi provenienti dalla ‘città granaio’, ma anche e soprattutto le arti e i mestieri come l’agricoltura o la creazione di manufatti in terracotta, ceramica e porcellana, oltre ovviamente alla navigazione.

  

In una città dalla storia così ricca e così strettamente legata ai viaggi e agli interscambi commerciali e culturali col ‘mondo esterno’ Agorà capita veramente a fagiolo. Eccoci allora approdati col nostro bastimento carico di giochi matematici e scientifici, di esperimenti e di exhibit old style.

La location in cui la città  di Taicang ci offre ospitalità è il moderno centro culturale ‘Loft’, dove design, arte e scienza si presentano al pubblico mischiandosi in forme imprevedibili, a partire dalle particolari statue ‘meccaniche’ che accolgono i visitatori,

  

o da un bar ricavato all’interno di un vecchio autobus, tutto circondato da targhe americaneggianti, talvolta condite da un inglese improbabile.

 

Anche in questo caso assisto ad un’inaugurazione in pompa magna, con palco gigante, musiche epiche e autorità a dare il benvenuto agli espositori, il tutto anticipato da uno spettacolo di bambini in costume che rallegrano l’atmosfera (che comunque non è poi così formale, anzi).

 

Dalle nostre parti non siamo abituati a questo tipo di aperture a meno che non si tratti di eventi di grande portata. Ciononostante non solo mi ci sto abituando, ma le sto apprezzando sempre di più, e non solo per musiche e colori: a ogni inaugurazione corrisponde un evento di premiazione in cui giovani scienziati, ricercatori, divulgatori e artisti ricevono premi per le loro opere.

Anche questo è un modo molto più che valido per stimolare e motivare la crescita scientifica, in un ambiente accogliente, allegro e vivace. Un’altra, ennesima lezione che faremmo bene ad imparare della Terra di Mezzo.

Zaijian,

fonso

Tel chi el Monsùn

  

In effetti mi avevano avvisato: a Shanghai a giugno piove. E vabbé mi son detto, mi porterò dietro la kway ogni volta che esco. Avevo sottovalutato la cosa, dato che non è che piove ogni tanto, a giugno piove praticamente sempre, e quando non piove potrebbe farlo in ogni istante dato che la città è perennemente coperta da un denso strato di nubi umide e talmente basse da far spesso scomparire le cime dei grattacieli più alti. In effetti in questa prima settimana di giugno mi ricordo di aver visto il sole complessivamente per un’ora, in mezzo a uno squarcio temporaneo tra le nubi perenni che sembrano essersi impossessate della  città. I shanghainesi però sembrano non curarsi del problema, dato che motorini, risciò e biciclette continuano a circolare in grandi numeri e sempre a grandi velocità, con in più la variopinta copertura di mantelline, teli impermeabili e pure qualche ombrello. Per i pedoni come me il tutto si risolve proprio con l’acquisto di un buon vecchio ombrello, dato che la semplice kway non basta: la pioggerellina sottile e costante (tipo Londra per intenderci), che di solito è la norma, talvolta lascia il posto a degli acquazzoni veri e propri.

Tutto questo però ha un grande lato positivo: la luce del sole non più diretta e accecante ma diffusa attraverso le nubi rende la città più vivibile, meno afosa e più adatta a lunghe passeggiate a piedi. Inoltre è la gioia dei fotografi, dato che le luci soffuse rimangono anche dopo il tramonto, grazie all’illuminazione artificiale di palazzi e grattacieli che si riflette contro la densa foschia, creando paesaggi notturni assolutamente spettacolari in cui spesso il cielo notturno è luminosissimo, quasi bianco.

  

Anche l’aria è più respirabile e tutta la città ne guadagna in termini di fascino e forse anche di vivibilità.

Intanto in questi giorni ho potuto assistere a due eventi che hanno portato grandi motivi di festeggiamento alla Cina: il primo è il tradizionale Dragon Boat Festival , che ha data variabile basandosi sul calendario lunare e che quest’anno ha avuto luogo il 6 giugno, in cui si tengono gare di canottaggio su barche tradizionali spinte in genere da 20 vogatori e un percussionista che dà il ritmo, e in cui le famiglie mangiano dei tradizionalissimi  ravioli di riso chiamati zongzi, richiusi tra grandi foglie di bambù e cotti al vapore, tra l’altro molto saporiti.

L’altro grande evento di questi giorni è stata la sorprendente vittoria al Roland Garros della simpatica Na Li, prima tennista non solo cinese, ma addirittura asiatica a portare a casa un titolo del Grande Slam, peraltro a discapito proprio della nostra Francesca Schiavone, campionessa uscente.

Da vero appassionato di tennis e quindi non spinto da particolari campanilismi ho seguito la finale con una certa imparzialità. Quello che mi ha stupito maggiormente è stata la copertura mediatica dell’evento: tre televisioni nazionali hanno trasmesso in diretta  la finale, e dopo la vittoria tutte le prime pagine dei giornali e i servizi di apertura dei telegiornali celebravano l’impresa, parlando di autentico evento storico oltre che sportivo. Si dice addirittura che potrebbe diventare il personaggio sportivo più famoso di tutta la Cina, superando persino l’ostacolista Liu Xiang e il cestista NBA Yao Ming, ai quali sono dedicati quadri e sculture all’Art Museum di Shanghai, giusto per far capire il loro livello di notorietà.

 

Ho notato che in Cina in pochi fanno sport regolarmente, ma sono molto appassionati e seguono con attenzione gli eventi internazionali. In assoluto la disciplina di maggiore interesse è il basket, in particolare quello NBA: se volete trovare argomenti di discussione con i ragazzi più giovani potete parlare di LeBron James, Kobe Bryant e compagnia varia e sicuramente avrete pane per i vostri denti. Sennò ci sono sempre gli immancabili ping pong  e badminton in cui i Cinesi sono maestri, entrambi trasmessi regolarmente in televisione, ma di cui loro sono appassionati, voi no!

Ieri invece abbiamo smantellato per la seconda volta la mostra, che è ora partita alla volta di Tai Cang, città della regione dello Jiangsu, ben più piccola e tradizionale rispetto a Shanghai e Hangzhou, in cui Agorà debutterà il 10 giugno e dove resterà per circa due settimane. Di questa nuova tappa del viaggio parlerò diffusamente nei prossimi giorni, nel frattempo approfitto di queste ultime ore a Shanghai per salutare la città, vedere quel che è rimasto nella lista dei luoghi imperdibili e tracciare un primo bilancio, che è estremamente positivo: migliaia di visitatori e grande livello di gradimento del pubblico, in particolare dei bambini, curiosità e reattività che si esprime in domande su Archimede, sulla storia occidentale, sulla matematica, sui giochi, su tutto.

   

Arrivederci, città sul mare, e grazie di tutto. Ci rivedremo a settembre.

       

Zaijian,

fonso

Proverbi cinesi

 
Lo sciocco ha mille certezze, il saggio non ne ha alcuna.

La povertà è la madre dei reati.

Che le parole siano come le perle: rare e preziose.

Ieri il mandarino ha promesso. Oggi metterà nuove tasse.

Se non vuoi essere imbrogliato, chiedi il prezzo in tre botteghe.

Sollecitato a pagare, somiglia a una tartaruga.

Tre bicchieri di vino a volte sistemano ogni cosa.

L'ubriachezza è colpa non del vino, ma dell'uomo.

Se vuoi il tuo pasto, non offendere il cuoco.

Se hai denaro, sei un drago; se non ne hai, sei un verme.

Un povero sano è ricco a metà.

Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.

In un bicchiere di vino vi è un bagaglio di poesia.

È difficile vedere un gatto nero in una stanza buia, specialmente quando il gatto non c'è.

Quando la gente è in salute il medico si ammala.

Capello di donna lega l'elefante.

Al cavallo veloce basta una frustata; all'uomo intelligente basta una parola.

Nella bocca chiusa non entrano mosche.

Un savio decide per conto suo; un ignorante secondo il parere di altri.

Tamburo buono, non occorre batterlo con forza.

Su una piccola pietra inciampò l'imperatore.

Toglie le pietre al muro di est per riparare quello di ovest.

Chi pianta alberi sappia che altri ne godranno l'ombra.

Chi cavalca la tigre ha paura di smontare.

Disegnare focacce non placa la fame.

Operaio inetto incolpa lo strumento guasto.

Nave grossa che va in pezzi, fornisce mezzo quintale di chiodi.

Imperatore che viola la legge è colpevole al pari di un suddito.

L'uomo savio non rimprovera il pazzo.

I falsi amici sono come quei commensali che si alzano quando la tavola è vuota.

In tre occasioni l'uomo rivela la sua natura: quando la sua mente cede all'ira, quando il suo corpo è piegato dal vino e quando deve mettere mano alla borsa.

L'uomo è il capo della famiglia, la donna è il collo che muove il capo come e quando vuole.

Meglio una cosa vista che cento ascoltate.

Quando ti vesti, ricorda il tessitore; quando ti cibi, ricorda il contadino; quando bevi al ruscello, ricorda la sorgente.

Nudi arriviamo, e nudi ce ne andiamo.

Green China

Già prima di venire qui avevo molti dubbi e interrogativi su qual’è la visione dell’ambiente da parte dei Cinesi, e se hanno fatto loro i concetti di ‘conservazione della natura’ e di ‘sviluppo sostenibile’. Alla luce dei due science centers finora visitati (Hangzhou e Shanghai), di un acquario e di un centro di divulgazione scientifica vicinissimo alla nostra sede di Jing’ An dove viene spiegato ai visitatori cosa è possibile fare nella vita di tutti i giorni per ridurre la propria impronta ecologica, ho cominciato a capire molte cose, ma mi mancava ancora una tappa fondamentale da visitare per avere delle certezze: il padiglione cinese dell’Expò di Shanghai.

Dedicato interamente all’urbanistica e allo sviluppo sostenibile, il padiglione basa il suo percorso sulla saggezza cinese (classical wisdom) nella progettazione e nello sviluppo di città in armonia con la natura.

Per una nazione che nei millenni ha dovuto affrontare carestie, guerre e ogni tipo di privazione possibile, e nell’ottica di un futuro con sempre più abitanti e sempre meno risorse disponibili per tutti, tale visione non solo è importante ma deve essere inevitabile in ogni progetto di sviluppo urbanistico. Ecco che allora il percorso del padiglione si suddivide in tre passaggi fondamentali, ovvero la visione (the Vision) di un mondo futuro sempre più impoverito, fragile e a rischio, in cui il riscaldamento globale e uno stile di vita sempre più a ‘emissioni zero’ deve essere messo in conto da tutti, il dialogo (the Dialogue) tra un passato glorioso fatto di tradizioni e riti millenari con un presente in cui una crescita economica unica al mondo negli ultimi tre decenni deve portare ad un equilibrio di fondo nell’utilizzo delle risorse, e infine le impronte (the Footprints) che le città del presente e del futuro lasceranno sul pianeta.

I percorsi si dipanano quindi tra miriadi di colori, ricostruzioni delle antiche città cinesi, fiumi virtuali, foreste con alberi di plastica e luci, immagini del presente e del futuro dell’Impero Celeste che però hanno un messaggio ben chiaro: dobbiamo pianificare il nostro futuro con maturità e rispetto per la natura, senza sfruttarla ma facendone parte.

Tra gli aspetti che mi hanno colpito di più c’è sicuramente una galleria composta da 98 disegni di bambini delle scuole cinesi, selezionati tra oltre 5000 partecipanti, sulla loro visione di città del futuro: armonica, pulita, vivibile, verde.

Tra questi fa veramente impressione notare la maturità nella tecnica grafica e ancora di più nella visione immaginifica, soprattutto in proporzione all’età dei piccoli autori.

    

L’ultimo piano del padiglione (the Footprints) è sicuramente il più significativo a livello di contenuti.

Pochi concetti semplici, crudi, reali. Il riscaldamento globale è una realtà non più dubitabile, ed è in buona parte causato dall’uomo. La prima causa sono i gas serra, e un soffitto interamente ricoperto di bolle con su scritto ‘CO2’ è lì a ricordarcelo. Bisogna arrestare il processo, e il primo passo è l’utilizzo di energie sostenibili e rinnovabili: solare, eolico, biodiesel.

      

Il secondo passo però dipende da ciascuno di noi: per fare questo occorre uno stile di vita a emissioni zero, o almeno a emissioni ridotte. Come fare?

Un esempio ci viene fornito da un piccolissimo science center a pochi passi dall’800 Show, padiglione dove viene presentata in questi giorni la nostra mostra Agorà al Jing’ An District. Il suo nome è The Low Carbon Life Experience: un nome, un programma.

Nello spazio vengono presentate nuove tecnologie in grado di abbattere consumi energetici e sprechi nelle case: muri e finestre isolanti che non disperdono il calore (o il fresco d’estate), elettrodomestici a risparmio energetico, domotica sempre meno esasperata e sempre più sostenibile, e via discorrendo.

  

L’esempio che però mi ha lasciato più a bocca aperta si trova sul pianerottolo d’ingresso del centro: tutta la parete è ricoperta da piccoli sacchetti di terra contenenti pianticelle grasse, in grado di assorbire il calore dalle pareti, abbassare la temperatura interna di 2-3° e far risparmiare, durante tutto l’anno, svariate migliaia di Yuan di energia elettrica destinata ai condizionatori!

 

Sbalordito da una sensibilità così sviluppata su queste tematiche, mi sento fortemente rinfrancato. In aggiunta a quanto visto nei centri, alcuni discorsi con i ragazzi che lavorano alla mostra mi hanno chiarito ulteriori aspetti sulla nuova coscienza ecologica cinese: ad esempio la presenza di un gran numero di macchine ibride, ma soprattutto un numero incredibile di motorini elettrici, la stragrande maggioranza di quelli che scorrazzano nelle città cinesi. Si va da microscopici monopattini elettrici,

per arrivare a motorini e moto veri e propri, con consumi ridottissimi e un impatto sull’inquinamento dell’aria cittadina assolutamente nullo.

Ho chiesto a un ragazzo la motivazione di questa scelta da parte di buona parte degli abitanti delle grandi città, e con somma sorpresa questa non è stata ‘costano di meno’ o ‘sono comodi’, ma ‘they are environmentally friendly, no?‘ Come se fosse la cosa più  naturale del mondo.

In effetti lo sarebbe, ma essendo abituati a essere guardati con occhi sgranati quando nel proprio paese si parla di car pooling, car sharing o anche solo di limitare l’utilizzo dei mezzi a benzina, la sorpresa è d’obbligo.

Ovviamente il naturalista ch’entro mi rugge non era ancora soddisfatto e non poteva far altro che spingermi a visitare l’acquario di Shanghai, dove ho avuto altre piacevoli sorprese:

    

non ho trovato infatti vasche giganti con delfini o foche ‘perché piacciono ai bambini’, ma meduse, razze, pesci e tartarughe locali, talvolta protette e/o in via di estinzione.  Il tutto inserito in un contesto visivamente molto bello e curato e arricchito da alcuni percorsi finali in cui, seguendo una moda nata da una decina di anni in Australia, i visitatori possono muoversi in ampi tunnel al di sotto delle vasche in cui vedere cernie, squali e altre meraviglie degli oceani nuotare sopra le proprie teste. Anche da questi dettagli si capisce l’interesse nel voler sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali, e non semplicemente ad ottenere il massimo numero di visitatori possibile.

Ma torniamo a noi: come accennavo prima, Agorà ha fatto il suo debutto nel Jing’ An district di Shanghai e alla cerimonia di apertura del 27 maggio, dove su palco con sfondo scorrevole, macchina del fumo e con traduttrice al seguito ho dovuto rispolverare il mio vestito delle occasioni che contano,

 

è seguito nel weekend un grande successo di pubblico ma nulla di paragonabile a quanto è accaduto oggi: il primo giugno difatti è il Children’s day in Cina, e al pomeriggio le scuole fanno festa. Ed ecco che così la nostra mostra è stata presa d’assalto in sole due ore da alcune centinaia di piccole pesti in libera uscita, vogliose di giocare ed esplorare.

 

Lo spirito è quello giusto: se la sensibilità e l’intelligenza con cui vedono il mondo che erediteranno è la stessa che ho potuto toccare con mano in questi giorni allora possiamo dormire sonni tranquilli, certi di un futuro migliore, sostenibile e in armonia con il nostro pianeta.

Zaijian,

fonso