Heaven on Earth

Sin da prima di partire alla volta dell’Impero Celeste avevo un chiodo fisso: vedere da vicino gli incredibili paesaggi del Fiume Li.

Nell’immaginario collettivo occidentale una delle più conosciute  immagini raffiguranti le bellezze naturali della Cina mostra le sponde di questo fiume circondate dalle incredibili colline carsiche tipiche della zona. Questa immagine è talmente famosa da essere rappresentata in decine di quadri e xilografie vendute ovunque in Cina, e campeggia addirittura sul retro della banconota da 20 Yuan:

Ed ecco che, approfittando di tre giorni di chiusura della mostra per una bank holiday, non ho esitato un secondo e per la modica spesa di 350 € circa ho acquistato volo di andata e ritorno da Hangzhou e 2 notti in albergo nella città di Guilin, nel nord della regione del Guangxi, nella Cina meridionale. Trattandosi di una zona povera e prevalentemente selvaggia, in questi ultimi anni l’economia si è concentrata principalmente sul turismo: mi è capitato di vedere sulle televisioni locali alcune pubblicità che presentavano Guilin come “Paradiso in terra”, per la serie: viva la modestia! Ma anche se lo slogan fosse vero solo in parte, valeva comunque la pena verificare di persona.

Nonostante le incredibili bellezze naturali la città di Guilin si è però sviluppata in modo disarmonico, con vecchie costruzioni fatiscenti alternate a improbabili tentativi di architettura moderna  dei numerosi alberghi e centri commerciali di recente costruzione. Ma per fortuna rimangono le meravigliose colline carsiche, alte centinaia di metri e presenti lungo le vallate di tutta la zona settentrionale del Guangxi, con le loro forme incredibili, ora arrotondate ora appuntite, a formare guglie, pinnacoli, serpenti di roccia e ‘panettoni’ che circondano tutta la città e rincuorano il visitatore spaesato dal caos cittadino.

 

Un’altra curiosità è data dalla lingua: persino io che capisco poche parole di mandarino riesco a percepire una pronuncia e un modo di esprimersi completamente diverso, più gestuale e colorito. Difatti verso sud oltre alla maggioranza Han la Cina si popola di decine di minoranze etniche, e tra queste nel Guangxi si possono trovare gli Hui, i Miao, gli Zhuang, gli Yao e altri, che rendono ancora più variopinto e particolare l’ambiente, in particolare per quanto riguarda il linguaggio che è chiaramente figlio di differenti culture.

Nel corso di milioni di anni l’acqua delle piogge e degli affluenti del Li ha scolpito le rocce calcaree della zona, creando paesaggi assolutamente unici al mondo e dotati di un fascino incredibile che attira a Guilin migliaia di turisti ogni anno, ormai non più solo dalla Cina. Tra le attrazioni principali vi è ovviamente la gita lungo il fiume, a bordo di imbarcazioni tradizionali che occupano in gran numero le sue acque basse.

 

Altre attrazioni sono alcune architetture tradizionali, come le pagode gemelle del Fir Lake, un piccolo lago artificiale all’interno della città, le cui sponde sono prese d’assalto ogni sera da decine di fotografi armati di reflex e cavalletto, per poter fissare in maniera indelebile la loro bellezza.

 

Ciononostante, la caotica, rumorosa e anonima Guilin nel corso degli anni si è appropriata indebitamente del titolo di massima attrazione della zona: 70 Km più a sud vi è difatti Yangshuo, che è l’autentica perla del Guangxi.

 

Piccolo villaggio tradizionale circondato su tre lati dalle colline tipiche, e a est dal fiume Li, Yangshuo è stata per anni meta obbligata di migliaia di backpackers che conoscevano l’incredibile atmosfera della zona. Purtroppo il turismo di massa è arrivato anche qui, e molte costruzioni tradizionali hanno lasciato spazio a alberghi moderni, a negozi di souvenir più o meno autentici, e a sedi di Mac Donald’s e KFC.

Ciononostante, l’atmosfera magica dell’antico villaggio cinese con i suoi vicoli stretti in mezzo alle basse costruzioni di legno, permeato dagli odori pungenti dei prodotti del mercato e delle cucine all’aperto, isolato da tutto e tutti e raggiungibile solo in imbarcazione o tramite brulle strade provinciali è rimasta intatta, indelebile.

 

Anche più in piccolo il carsismo ha scolpito le rocce calcaree della zona dando loro forme inusuali, talvolta assurde e incredibili. Una fetta del commercio del Guangxi è da sempre dedicata alla vendita delle rocce più belle, spesso incise con ideogrammi colorati di rosso, che adornano migliaia di giardini e parchi in tutta la Cina. Lungo la strada che collega Guilin a Yangshuo e al piccolo villaggio di Yangdi (altra perla incastonata tra le rocce del fiume Li) è possibile vedere cave che raccolgono e smistano il calcare del Guangxi destinato ad adornare gli ingressi degli alberghi di Pechino o Shanghai.

L’altra grande attrazione dell’area e uno dei miei maggiori interessi riguardo il Fiume Li era la pesca col cormorano, un’arte antica migliaia di anni e diffusa quasi esclusivamente in Cina e Giappone.

La pratica consiste nell’utilizzo da parte dei pescatori di alcuni cormorani addomesticati che, oltre ad essere animali estremamente docili, sono pescatori formidabili: liberandoli nelle acque del fiume nel giro di pochi minuti sono di ritorno con pesci anche di grosse dimensioni. All’uccello viene applicato al collo una sorta di cappio di ferro o di corda  non così stretto da soffocare l’animale, non abbastanza largo da permettergli di inghiottire le prede più succulente. Secondo una tradizione millenaria, legata anche ad antiche superstizioni, ogni sei prede catturate all’infaticabile cormorano viene concesso di mangiare un pesce come ricompensa, e forse per dimostrargli che il suo sforzo è apprezzato e non lavora per niente.

Al giorno d’oggi la pratica della pesca col cormorano, sebbene sia molto più proficua di quanto si possa immaginare, è quasi del tutto abbandonata: i pochi pescatori tradizionali rimasti, con i loro cappelli di paglia, le lunghe barbe bianche e un aspetto che sembra provenire da un’altra epoca, hanno difatti scoperto un modo più efficace per rendere proficua la propria arte, vendendo le proprie foto ai turisti o mettendo in scena spettacoli dimostrativi di pesca notturna, nei laghi della zona o lungo le acque del fiume.

Di ritorno a Guilin, avendo ancora un paio di ore libere prima di ritornare ad Hangzhou, ho deciso sul momento di visitare un’altra attrazione della città, la Reed Flute cave, che si potrebbe tradurre molto liberamente come ‘la grotta del flauto di bambù’. Sebbene scarsamente pubblicizzata, mi è parso opportuno darle un’occhiata per verificare se la natura avesse creato nel sottosuolo meraviglie pari a quelle visibili alla luce del sole.

 

Mai scelta fu più azzeccata! Difficilmente avrei potuto aspettarmi uno spettacolo del genere: in milioni di anni l’acqua ha scavato dentro alla roccia un incredibile dedalo di stretti corridoi, cunicoli e catacombe alternate a spazi aperti ora grandi, ora enormi, arricchiti da incredibili architetture naturali di colonne, guglie, pinnacoli e altre meraviglie che nessuna mente umana sarebbe mai in grado di immaginare. Per visitare nella sua interezza la Reed Flute cave occorre più di un’ora a piedi lungo un percorso ben pavimentato, a dimostrare l’incredibile estensione di questa struttura.

    

Colori vivi, sgargianti, quasi irreali, amplificati al massimo livello da luci colorate e illuminazioni particolari e molto ‘cinesi’ rendono la grotta assolutamente affascinante, a tratti magica.

  

Persino le giovani ragazze che fanno da guida nella grotta accennano alcune canzoni tradizionali all’interno degli stages naturali in mezzo alle rocce, e un incredibile spettacolo di luci e colori rappresentato nella sala principale, larga decine e decine di metri, è in grado di lasciare senza fiato il visitatore.

In definitiva, si tratta realmente di un ‘Paradiso in terra’? Forse no, se non altro perché il vero Paradiso non dovrebbe aver bisogno della targa luminosa in stile Las Vegas al suo ingresso con su scritto ‘Paradiso’. Ciononostante le incredibili bellezze della zona mi hanno fatto parecchio riflettere su come andrebbero gestite aree come il nord del Guangxi, ovvero senza dover accettare qualunque tipo di compromesso pur di attirare più gente possibile nel breve termine, ma con intelligenza ed equilibrio, rispettando e salvaguardando le bellezze naturali e le costruzioni tradizionali di maggior pregio, in modo che tutti possano conoscerle e  goderne appieno senza per questo snaturarle: il turista è un ospite, non il padrone, e deve essere lui ad adattarsi e ad accettare le regole del luogo in cui si trova. Se si riuscirà a trovare la quadratura del cerchio, luoghi incantevoli come Yangshuo diverranno immortali.

Zaijian,

fonso

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